Sangue Giovane di Lord Belial

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“È un esemplare straordinario, mia cara!”
“Lo sapevo che ti sarebbe piaciuto, tesoro… però devo chiederti…”
“Ma certo… sarò muta come una tomba!”
“Ah!.. Ah!.. Ah!..”
“Ah!.. Ah!.. Ah!..”
“Ti adoro quando usi le espressioni idiomatiche dei terrestri!”
“Mmm… dammi un bacio…”
Quando le due donne di Venere si abbracciarono, le brune ali metalliche si aprirono lievemente e le loro antenne iniziarono a vibrare. I corpi color bronzo formavano insieme una figura contorta, una scultura astratta di carne aliena.
“Mmm… aspetta: ho bisogno di carburante. Dai, fammi assaggiare questa delizia!”
“Sì, anch’io ne ho voglia. Prendo i bicchieri.”

Le venusiane stavano osservando il terrestre, un ragazzo nudo al centro della stanza: la macchina che lo tratteneva aveva la forma di una rosa appena sbocciata; cavi metallici e di plastica collegavano a essa il cervello, il cuore e tutti gli altri organi vitali; i polsi e le caviglie erano bloccati da bracciali; un morso gli impediva di parlare; le palpebre erano tenute aperte da minuscoli ganci. Era un giovane rappresentante della razza umana dall’aspetto virile e acerbo insieme: snello e muscoloso, capelli biondi un po’ lunghi, pelle glabra decorata da sottili vene azzurre: non dimostrava più di diciotto anni. Gli occhi azzurri spalancati cercavano di sopperire all’immobilità del corpo muovendosi freneticamente: si era appena svegliato e non sapeva dove fosse.
Il suo sguardo si spostò dai colori fiammeggianti delle scene di guerre interplanetarie dipinte sulle pareti alle piante e fiori alieni; dalle alte colonne di marmo bianco screziate di verde ai cuscini color madreperla sparpagliati sul pavimento nero lucido, dentro cui annegava il riflesso della sala e dei suoi occupanti.

Nel limitato campo visivo dell’umano erano apparse adesso due grottesche figure femminili. Avanzavano verso di lui. Gli occhi gialli risplendevano dentro i corpi scuri mentre le ali, simili a quelle dei coleotteri, si aprivano e chiudevano ritmicamente.
Una delle due venusiane – le antenne fremevano di eccitazione – accarezzò il torace del ragazzo che tremava dalla paura. Le lunghe dita sottili lambirono la pelle rosea ed elastica, si soffermarono sui capezzoli morbidi e poi sfiorarono una guancia. Intanto l’altra gli arruffava i capelli.
“Pensa: l’ho trovato in un esclusivo villaggio turistico solo per Venusiani. Lavorava lì come cameriere. Ho pagato dieci milioni di eulin per averlo.”
Ormai l’intera Terra era da tempo sotto il dominio della potente gente proveniente dal pianeta Venere.
“È bellissimo. Ti invidio molto.”
“Oh, ma io non sono egoista.”
La prima venusiana porse all’altra un bicchiere di cristallo e spinse un bottone sulla macchina che iniziò a ronzare. Un tubicino di plastica trasparente collegato alla giugulare del ragazzo iniziò a riempirsi di sangue; il liquido rosso scuro fluì fino a un contenitore che iniziò lentamente a colmarsi sotto gli sguardi deliziati e bramosi delle abitanti di Venere.
La macchina conservava inalterate le funzioni organiche, la bellezza e il vigore dell’adolescente, nonostante la cospicua perdita di sangue. Le droghe, iniettate direttamente nel cervello, lo rendevano particolarmente reattivo agli stimoli erotici senza privarlo della lucidità mentale. Era consapevole di ogni cosa.
Le creature aliene guardarono giù e risero della sua erezione. Una di loro lo fissò intensamente negli occhi; quindi gli sfiorò la sommità del pene con l’indice che poi fece scivolare per tutta la lunghezza del giovane membro. L’altra sorrideva. La Venusiana impugnò il pene del terrestre, socchiuse gli occhi e sfiorò le labbra del ragazzo con le sue. Gli occhi della compagna scintillarono.
Il recipiente era pieno.
Le Venusiane lasciarono stare la loro vittima con il pene ancora eretto e pulsante e versarono il sangue nei bicchieri. I riflessi del cristallo esaltavano il colore del liquido vitale. Puro sangue di giovane terrestre in stato di eccitazione sessuale: una leccornia! Le donne lo bevvero lentamente assaporandone la vischiosità e l’intenso gusto ferroso.
“Mmm…”
“Delizioso… delizioso…”
“Sai a cosa sto pensando, mia cara?”
“A cosa?”
“Pensavo che stasera potrei essere generosa…”

I discorsi si sovrapponevano, migliaia di parole si confondevano nella sala illuminata da una luce rossa diffusa. Gli ospiti, uomini e donne di Venere, sorridevano, si scambiavano battute, ridevano, si separavano e si riunivano. Fantasmi in un mare di sangue, i corpi bruni, iridescenti di riflessi rossi e violacei, scorrevano davanti allo sguardo del ragazzo costretto nella macchina come una pietra preziosa in un monile. Gli occhi alieni osservavano la giovane vittima studiandone ogni centimetro di pelle, pregustando il succo di quella carne così fresca, del corpo roseo che l’illuminazione particolare rendeva ancora più attraente. Ogni tanto i Venusiani e le Venusiane, a turno, si avvicinavano e gli sfioravano i capelli o le guance; accarezzavano la pelle tesa dei pettorali, delle braccia e dell’addome; maneggiavano il pene o lo scroto; confondevano le loro lingue viola scuro con quella rosa pallido del sacrificando.
La macchina somministrava al ragazzo ampie dosi di sostanze eccitanti insieme ad altre che gli impedivano di eiaculare. Il corpo era scosso dai brividi; tutti i muscoli in tensione; l’intero organismo era prigioniero di una tormentosa condizione di preorgasmo che non si sarebbe mai conclusa in una estasi liberatoria.
I recipienti pieni giravano tra gli alieni che, avidi di sangue terrestre, continuarono a bere anche durante gli accoppiamenti. Alle parole si erano sostituiti i sospiri, gli ansiti, le vibrazioni delle antenne, il battito delle ali. Qualcuno copulava sospeso in aria. Le figure degli orgianti, disarticolate e intrecciate tra loro, come fantasmagorie da incubo, riempivano la sala mettendo in scena un catalogo surrealista di posizioni sessuali. I bicchieri di cristallo venivano riempiti e svuotati; a volte cadevano per terra – allora qualcuno ripuliva il pavimento da ogni goccia ingoiando anche le schegge – e il contenuto era usato anche per i folli giochi erotici. Era incredibile quanto sangue potesse avere dentro di sé un umano!

L’ultimo contenitore fu tolto dalla macchina. Era pieno solo a metà. I Venusiani e le Venusiane – ormai avevano finito di fornicare – bevvero l’ultimo bicchiere: due dita a testa.
Il ragazzo vide una donna sorridente avvicinarglisi sempre di più. Le sue dita gli accarezzarono i capelli; scesero sul collo; le labbra di lei si chiusero sulle sue; poi la donna si staccò; arretrò di un paio di passi e spense la macchina.
I cavi furono staccati; le manette aperte. Il ragazzo cadde per terra: totalmente inerte, si afflosciò come una bambola.
Il cadavere, bianco e con gli occhi sbarrati, rimase per un po’ sul pavimento, esposto agli sguardi divertiti dei Venusiani. Quindi fu portato via e buttato dentro un inceneritore.

Era il momento della sorpresa per gli ospiti: la padrona di casa aveva registrato tutte le sensazioni provate dal terrestre durante la festa! Un terminale, collegato al cervello dell’adolescente, aveva convertito tutto quello che questi provava in suoni e immagini olografiche.
“Sei impareggiabile, mia cara!”
“Sì, davvero!”
“Un tesoro!”
“Unica!”
Erano tutti entusiasti.
La Venusiana accese il proiettore; inserì il disco e spense le luci.
Nella sala buia iniziò lo spettacolo.

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